Droghe, Culture e Società. Una proposta di lettura socio-antropologica del fenomeno droga
Giordano Meneghini 1996
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CIVILE E SELVAGGIO
L'atto di assumere droga acquisisce nel nostro contesto socio-culturale un significato specifico, che non ha equivalenti in altre culture arcaiche o tradizionali. Alcuni autori sottolineano come questo sia intimamente legato alla nostra cultura positivista che, "laicizzando" il consumo delle sostanze psicoattive, ha sostanzialmente "svuotato" di senso le esperienze di alterazione della coscienza rendendole un solipsistico gioco irreale (Derrida 1993, Szasz 1991). Al contrario nelle società arcaiche e tradizionali il consumo di droga, ed in generale le pratiche di alterazione della coscienza, sono caratterizzate da forme di integrazione socioculturale che, da un lato, allontanano il rischio di tossicomania attraverso la ritualizzazione delle assunzioni e, dall'altro, rendono comprensibili e comunicabili le esperienze degli Stati di Coscienza Alterata (SCA) attraverso specifiche codificazioni mitico-religiose (Ongaro-Basaglia 1979, Perrin 1982, Harrison 1988). L'assunzione rituale di droghe in tali contesti si configura prevalentemente come pratica religiosa che consente all'uomo un avvicinamento alla dimensione del sacro. L'etnologo tedesco H. P. Duerr (1993) approfondisce tale prospettiva affermando che il significato degli SCA in società arcaiche e prescientifiche, aldilà del valore di comunione mistica con la divinità, è intimamente legato alla comprensione ed alla stessa definizione della natura umana. L'alterazione della coscienza, indotta dall'assunzione di droghe o da particolari tecniche corporee, consente all'uomo una fuoriuscita dall'univoca determinazione della realtà quotidiana e quindi un superamento di quei confini che delimitano la sua stessa esperienza all'interno della propria cultura.Gli SCA rappresentano una dimensione che, pur essendo parte integrante della natura umana, resta al di fuori dell'esperienza quotidiana della realtà. Duerr definisce tale dimensione come natura selvaggia, alludendo metaforicamente alla sua essenza caotica e disordinata, in contrapposizione ad una natura civilizzata che corrisponde ad un'esperienza della realtà mediata, e quindi ordinata, dalla cultura. L'esperienza degli SCA diventa in tale prospettiva un "atto conoscitivo", un possibile ampliamento della coscienza e della consapevolezza del sé attraverso una fuoriuscita rituale dalla grammatica logica e dall'esperienza della propria forma di vita. Un tipo di conoscenza rifiutata dal pensiero scientifico occidentale. Perduto ogni significato mistico o qualsiasi valore conoscitivo gli SCA, nella nostra cultura, vengono relegati in una dimensione allucinatoria e alienata dell'esperienza individuale.
NATURA E CULTURA
Lo stesso concetto di droga muta nel processo storico della nostra società che, come dimostra Franca Ongaro-Basaglia, modifica profondamente l'ideologia e lo sfondo immaginativo di produzione, distribuzione ed utilizzo delle sostanze stupefacenti. La contrapposizione tra farmaco e droga, categoria indistinta nelle società pre-scientifiche e pre-capitalistiche, risulta così il frutto di una rottura dell'equilibrio tra l'uomo ed il "mondo naturale", da cui entrambe le "sostanze" derivano. Farmaco e droga, sottolinea la Ongaro-Basaglia, agiscono, a differenti livelli, su di un medesimo piano di aspettative: il farmaco, da un lato, sul dolore fisiologico della malattia, la droga, dall'altro, sul dolore spirituale ed esistenziale che caratterizza l'esistenza umana. "Carpiti alla natura" come rimedi alla sofferenza, entrambi mantengono, nelle società tradizionali, la duplice connotazione di "sostanza con proprietà terapeutiche" e di "veleno che intossica". Il farmaco, il filtro, la pozione agiscono così coerentemente ad una specifica visione del mondo magico-religiosa, che definisce il rapporto fra l'uomo, la propria sofferenza, ed il rimedio. Nel processo di razionalizzazione prodotto dal pensiero scientifico, che riduce la descrizione del mondo ad una concatenazione di cause ed effetti, emerge la contraddizione fra le due accezioni compresenti nel concetto di farmaco/droga. L'idea di farmaco, nella nuova visione del mondo, passa "attraverso la creazione di un'immagine di salute e di benessere conseguente a ciò che il farmaco può produrre" diventando "parte integrante dell'ideologia medica, come strumento di guarigione" (Ongaro-Basaglia 1979: 41). In un contesto che enfatizza il farmaco come espressione del bene assoluto, eliminando ideologicamente la connotazione negativa di veleno cui era originariamente associato, sarà allora possibile "trasferire sulla droga la negatività assoluta, con gli stessi processi per cui il farmaco (che è anche droga) diventa assolutamente positivo" (Ongaro-Basaglia 1979: 43). Il termine droga appare così una categoria storicamente, ma soprattutto ideologicamente, determinata, la cui neutralità descrittiva -in quanto termine che indica genericamente un gruppo di sostanze in grado di alterare i parametri percettivi ed immaginativi dell'essere umano- è, se non altro, dubbia.
VERO E FALSO
Volendo ulteriormente approfondire il discorso sulle valenze ideologiche sottese al concetto di droga nella nostra cultura possiamo poi accennare agli spunti di riflessione offerti da J. Derrida in un pamphlet dal titolo: "Retorica della droga" (Derrida 1993). Il filosofo francese afferma "la questione della droga [si definisce] come questione -la grande questione- della verità" e continua "bisognerebbe certamente distinguere tra le droghe dette allucinogeni e le altre. Ma questa distinzione si elide nella retorica del fantasma che sostiene l'interdetto: la droga farebbe perdere il senso della realtà. É sempre in nome di quest'ultima che, mi sembra, in ultima istanza l'interdetto è pronunciato" (Derrida 1993: 25). Derrida individua una interdizione di natura morale, implicita al significato del concetto in questione, nella sua relazione oppositiva rispetto al concetto di realtà. Gli effetti della droga, ed il "piacere" che questa produce, sono dunque immorali poiché producono esperienze irreali, allucinatorie, ed inducono un distacco del soggetto dalla realtà stessa. Gli SCA diventano così il luogo in cui si evidenzia la problematicità di un approccio interpretativo. Difatti l'idea stessa di alterazione si definisce in contrapposizione ad un concetto di normalità che, a sua volta, acquista senso solo all'interno del nostro specifico contesto culturale. Si delinea in tal senso una contraddizione interna all'idea di normalità nel pensiero occidentale che, sebbene definisca un paradigma di umanità attraverso parametri culturali, mantiene tuttavia la pretesa, etnocentrica, di una valutazione "oggettiva" (e negativa) dell'alterazione. Quest'ultima, indotta da un fattore esterno (la droga appunto), situa il soggetto assuntore al di fuori della determinazione spazio-temporale quotidiana e quindi "falsifica" il suo vissuto d'esperienza. In tale prospettiva l'assunzione di una droga diventa un atto insensato e deviante, poiché finalizzato ad un allontanamento volontario dall'esperienza "reale" attribuita allo stato di normalità. Una irrisolvibile irrazionalità rende "altro da noi" il tossicomane. Una alterità fondata su di un arbitrario processo di astrazione/estrazione, dalla società reale, di una classe di individui in base ad un loro tratto peculiare: il consumo di droga (Ramognino 1988). Il segno droga (Perrin 1982) evidenzia dunque una sorta di divisione del campo sociale espressa dalla contrapposizione normalità/devianza. Una riflessione socio-antropologica sulle tossicomanie dovrà dunque tener conto degli scenari simbolici e dei contesti cognitivi all'interno dei quali si configura l'esperienza del consumo di droga nella nostra società e nella nostra cultura, individuando le specifiche sottoculture che codificano tali pratiche. Per questo una valutazione critica delle caratteristiche che informano ed istituzionalizzano la condizione di diversità dei soggetti tossicomani diventa precondizione necessaria ad una comprensione del fenomeno.
DROGA E CULTURA GIOVANILE
Dal dopoguerra ad oggi il consumo di sostanze psicoattive illecite ha avuto una grande diffusione nella popolazione giovanile delle società moderne, legandosi ai principali movimenti politici ed ideologici che hanno segnato il processo di progressiva emancipazione dei giovani culminato nel grande movimento di massa che coinvolge tutto l'occidente negli anni fra il '68 e il '72. Possiamo infatti considerare il periodo della contestazione giovanile come il momento storico centrale nel processo di riconoscimento generazionale che configura i giovani come gruppo sociale portatore di valori ed atteggiamenti alternativi in senso etico, politico ed ideologico, alle generazioni adulte che mantengono il potere nella società. È in questo contesto di relazioni sociali che comportamenti e stili di vita legati al consumo di sostanze psicotrope si sviluppano dando luogo a specifiche e differenziate istanze subculturali. La contestazione giovanile inizia con espliciti intenti controculturali. Intenti dai quali emergono quei movimenti che vanno dalla "beat generation" ed il pacifismo libertario dei "figli dei fiori", alla contestazione studentesca ed alla Autonomia degli anni settanta. In tali contesti l'esperienza droga rappresenta uno strumento di liberazione individuale e collettiva dai rigidi schemi imposti dalla società adulta. La predilezione dei consumi va verso i cosiddetti allucinogeni leggeri (cannabis e derivati) e pesanti (LSD, psilocibina ecc.) che consentono da un lato il rafforzamento dello spirito comunitario nell'assunzione collettiva e dall'altro l'espansione della coscienza individuale rivolta al rapporto con gli altri ed alla maggiore capacità introspettiva. In questo clima culturale l'esperienza droga rappresentava uno dei possibili modi di sperimentare nuovi valori i quali si definivano in alternativa alla cultura degli adulti. La droga, nell'ambito della contestazione giovanile, agisce dunque come segno che indica uno status di appartenenza generazionale demarcando la differenziazione profonda e radicale del mondo adulto. Essa rappresentò tuttavia un elemento ambivalente nei processi sociali che seguirono la contestazione diventando da un lato strumento di criminalizzazione e dunque di contrasto di tali movimenti da parte delle generazioni adulte, dall'altro un modo sempre più estremo e sotterraneo di rifiutare il sistema (la cultura "underground") che culminerà col fenomeno eroina negli anni ottanta (Harrison 1988). La contestazione giovanile lascia dunque in eredità agli anni a seguire una "questione giovanile" aperta ed un nuovo soggetto sociale, il giovane appunto, che viene progressivamente integrato nel sistema sociale attraverso un paradossale meccanismo di riconoscimento che passa attraverso la mercificazione della cultura giovanile. Come ben delineato dal terzo rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia: "Lo status di consumatore si acquisisce precocemente nella nostra società. I bambini imparano precocemente a maneggiare il denaro e col procedere dell'età compiono sempre più decisioni di acquisto nelle quali i genitori interferiscono sempre meno ed anzi, per alcune categorie di beni l'influenza dei figli sulle decisioni di acquisto dei genitori appare sensibile. Di questo fatto se ne sono ovviamente accorti i produttori che indirizzano al target giovanile non pochi dei loro messaggi pubblicitari e considerano i giovani un segmento di mercato degno di attenzione".(Cavalli e de Lillo 1993: 155). Mancano ancora analisi approfondite sui giovani degli anni ottanta, della cosiddetta epoca del "riflusso", certo è che alle istanze di un mutamento collettivo della società si sostituiscono atteggiamenti più opportunistici sul piano individuale e tendenti al conformismo in rapporto ai valori dominanti della società. "Tuttavia i modi e le forme con cui si manifestava la trasgressività tra le nuove generazioni apparivano del tutto stabili nell'arco degli anni Ottanta, quasi a significare che la non perfetta conformità ai valori e alle norme dominanti poteva essere considerata aspetto fisiologico della condizione giovanile" (Buzzi C. in Cavalli de Lillo 1993: 179). Per quanto riguarda l'universo droga i consumi di cannabis e derivati continuano incessantemente a crescere raggiungendo sempre più capillarmente le aree provinciali, ma è l'eroina a diventare emblema di questo periodo. Il fenomeno delle tossicodipendenze, in vertiginosa crescita, sembra rappresentare, con un ossimoro, una sorta di massificata e consumistica fuga individuale al malessere generalizzato di una generazione costretta ad un drastico ridimensionamento delle proprie aspettative sociali. Si configura definitivamente lo stereotipo del tossicodipendente come soggetto problematico a metà strada fra il ribelle, il deviante criminale ed il malato. La risposta istituzionale al fenomeno consiste nella medicalizzazione dei soggetti attraverso l'allestimento di specifiche strutture operative (dai GOT. fino agli attuali SERT) che intervengono mediante terapie "a scalare" di farmaci sostitutivi integrate da un sostegno tipo psicologico. La risposta non istituzionale ma fortemente incoraggiata anche attraverso il finanziamento con denaro pubblico, sono invece le comunità di recupero. Queste rappresentano in un certo senso l'approccio duro al fenomeno, la terapia intensiva che cerca di intervenire sul piano dell'adattamento sociale del tossicodipendente. Non voglio qui addentrarmi sulle controversie del dibattito aperto su metodi e finalità delle comunità terapeutiche, ma preme sottolineare quanto queste stesse comunità abbiano contribuito alla definizione dello stereotipo dell'eroinomane, e del "drogato" in senso esteso, e ad alimentare visioni piuttosto standardizzate e semplicistiche dei presupposti motivazionali che spingono i giovani a drogarsi o dei meccanismi di diffusione delle sostanze stupefacenti. Così gli anni ottanta sono lo scenario dell'emergenza eroina ma, con la stessa logica paradossale che caratterizza l'intero fenomeno droga, questi anni sono anche lo scenario del consolidarsi di un sodalizio fra mercato dell'intrattenimento, quello musicale, quello della moda ed il fenomeno droga. Un sistema che tende a fagocitare le nuove tendenze sottoculturali commercializzandole e trasformandole in mode e stili, e ad annullare le istanze di cambiamento radicale e di contestazione. Tale processo raggiunge il suo apice negli anni novanta riconfigurando completamente gli scenari: quello della condizione giovanile, quello dei comportamenti legati all'uso e abuso di droghe e quello del mercato illegale (sempre più diffuso e variegato nell'offerta). Se guardiamo a quanto sta accadendo negli ultimi anni ci accorgiamo di essere di fronte ad un nuovo e radicale capovolgimento della questione giovanile. I giovani infatti non riescono più a rappresentare una componente separata ed alternativa della società. Di fatto il sistema dei bisogni e dei valori presente nella popolazione giovanile non appare più come esplicitamente orientato al nuovo in quanto tale, inoltre non si registra più una presa di distanze generalizzata rispetto alle scelte delle precedenti generazioni. Possiamo dunque dire che la cultura giovanile non si connota più in termini antitetici e contraddittori rispetto alla cultura degli adulti. Secondo alcune interpretazioni sociologiche i giovani appaiono come una sorta di aggregato demografico privo di caratteri distintivi sotto il profilo culturale e sociale" (Nocifora 1996: 25-26). Nella cultura giovanile continua a "circolare" droga ma con modalità differenti rispetto al recente passato. Le nuove droghe veicolano modelli di socialità attiva simbolicamente opposti alla autoalienazione del tossicodipendente . Il loro consumo si concentra in spazi e tempi a ciò deputati -i fine settimana, le discoteche ed i "rave" illegali- in paradossale sintonia con ritmi, tempi e modalità di consumo della società postindustriale. Tuttavia le ideologie ed i valori sottesi a tali comportamenti restano a tutt'oggi un universo ancora sconosciuto per le scienze sociali.
LA CULTURA DEGLI OPERATORI
Gli "stili di consumo" emergenti nella popolazione giovanile segnalano dunque un nuova tendenza nel fenomeno droga, distinguendosi profondamente ed in certi aspetti addirittura "alternativamente" dalle pratiche di consumo illecito consolidatesi durante gli anni ottanta e caratterizzate dal dilagare delle tossicodipendenze da eroina. L'atteggiamento delle nuove generazioni verso l'uso e l'abuso di droghe appare profondamente mutato rispetto al recente passato e sembra aver imboccato una probabile nuova linea evolutiva che sarà importante comprendere rapidamente per poterla fronteggiare attraverso opportune strategie di prevenzione e di intervento mirate. Difatti le attuali strategie di intervento sulle tossicodipendenze, attraverso i SERT e le comunità di recupero, agiscono secondo consolidate procedure elaborate in rapporto al modello dell'eroinomane. Un modello che risulta inadeguato in relazione ai nuovi stili di uso e abuso di droghe quali ecstasy, anfetamine e cocaina e degli allucinogeni (LSD). In un recente libro di Fabrizia Bagozzi che cerca di fare il punto sul fenomeno ecstasy in Italia così sintetizza il problema lo psichiatra Vittorino Andreoli: "Noi [operatori] per molti anni abbiamo combattuto l'eroina dicendo che passivizza, toglie la volontà e chiude in un mondo personale insensibile a ciò che accade fuori. Il consumatore di eroina è stato dipinto come uno che non sente nemmeno gli stimoli affettivi [...]. Lo abbiamo fatto tutti noi operatori in generale. Serviva per combattere l'eroina ma è stata una propaganda straordinaria nei confronti delle sostanze stimolanti, la cocaina e l'anfetamina. Dicendo quello che abbiamo detto dell'eroina noi abbiamo fatto passare il seguente messaggio: "Bisogna semmai usar sostanze che ti aprano agli altri, che stimolino la comunicazione. Usa sostanze per le quali non sia necessario usare la siringa. Usa sostanze che non ti diano una forte dipendenza, che attivino la tua sessualità e la tua affettività". [...] È una tragica realtà. Con la guerra all'eroina degli anni '80, noi abbiamo promosso ingenuamente gli stimolanti e il mercato ha risposto subito, prima con la cocaina, e dopo, siccome la cocaina è comunque piuttosto cara, con l'ecstasy, derivato dell'anfetamina molto più a buon mercato. E dopo il periodo delle sostanze passivizzanti siamo passati alle sostanze attivizzanti" (V. Andreoli in Bagozzi 1996: 129-130). E continua, rispondendo alla domanda se l'ecstasy rappresenti o meno una emergenza sociale: "La vera emergenza sociale è che esistono operatori, decine di migliaia, che hanno imparato a lavorare commisurandosi con l'eroina, cosa che oggi non serve più o quasi, e non sanno fare altro. Avremo operatori del tutto impreparati di fronte a un nuovo stile, a una nuova modalità di assunzione di una nuova droga. [...] Da questo punto di vista gli operatori sono mine vaganti. Detto questo, i giovani sono sempre un'emergenza sociale, ma anche in senso positivo." (V. Andreoli in Bagozzi 1996: 131) Tale senso di "inadeguatezza" traspare da un recente articolo a firma di due operatori della Regione Emilia Romagna: G. Giannotti (ufficio politiche per l'accoglienza e l'integrazione sociale) ed E. Polidori (ufficio tossicodipendenze) che affermano: "...ciò che manca completamente, anche e soprattutto nel campo delle nuove droghe, è una conoscenza e un monitoraggio del mercato. Non conosciamo attualmente, al di là della generica presenza di numeri elevati di pastiglie o chicche di vario tipo, che cosa queste contengano realmente, che tipo di sostanze psicoattive ci troviamo a fronteggiare, come il mercato cambi a seconda dei vari territori e delle varie mode" (Giannotti e Polidori 1996) D'altro canto il profilo dei nuovi assuntori resta quanto mai indistinto, vediamo in tal senso l'analisi ad ampio spettro di R. Bricolo (psichiatra e responsabile del SERT di Padova) in rapporto ai consumatori di ecstasy (ma probabilmente estensibile a buona parte dei nuovi consumatori anche se nella loro "dieta" introducono assunzioni di altre sostanze). "I consumatori di ecstasy rientrano in categorie sociali non definite e non definibili" egli afferma: "Le consultazioni che faccio con chi ha problemi con l'Mdma hanno come protagonisti ragazzi assolutamente civili, con grande proprietà di linguaggio, colti. Molto spesso si tratta di studenti universitari che vivono la loro vita fino a un certo punto in un certo modo e poi da un dato momento in poi non più. Scatta la molla e la trasgressione diventa obbligatoria" (R. Bricolo in Bagozzi 1996: 152-153) Bisogna però sottolineare che se tali orientamenti verso la fruizione di stimolanti appaiono dominanti essi tuttavia non escludono utilizzi diversi come nota N.Saunders (1995) autore di uno dei primi libri sull'ecstasy che evidenzia diverse possibilità di utilizzo della sostanza (in ambito psicanalitico, per esperienze di tipo introspettivo, per incentivare l'intimità ed il desiderio sessuale con il partner). D'altro canto però il tratto unificante predominante nelle nuove generazioni sembra essere il rito della discoteca o del rave, del divertimento collettivo legato al ballo, allo "sballo" ed alla musica techno: "Nei ragazzi c'è un gran bisogno di ritualità collettiva. Questo bisogno ha incontrato con la techno forme di musica e di danza che danno a quella ritualità un carattere sempre più coinvolgente, che permette a chi vi si abbandona di liberare le parti più profonde, le cosiddette zone del vitale, e ha una funzione eminentemente catartica. Per molti le discoteche, le ritualità notturne -la preparazione, il trucco, il travestimento, l'esibizione, il corpo, la musica, il ritmo- hanno un significato quasi di tipo iniziatico. Sono lo strumento con il quale questi ragazzi abbandonano il mondo nel quale sono entrati all'inizio della loro adolescenza e che continueranno a lambire fino a quando la lasceranno per inoltrarsi nella giovinezza e nell'età adulta. È un momento di passaggio che ha sempre avuto una sua ritualità in tutti i tempi e oggi vale in particolare per le persone che assumono ecstasy. Hanno bisogno di vivere questa intensissima esperienza che io definisco di "partecipazione mistica" al gruppo. Grazie alla partecipation mystique lasciano il vecchio gruppo sociale di riferimento, cioè la famiglia, e si sentono invece membri di un altro gruppo, nuovo, che percepiscono come ben più affascinante" (R. Bricolo in Bagozzi 1996: 154). Le nuove generazioni prediligono dunque sostanze stimolanti più o meno nuove ma ciò che più marca il cambiamento rispetto al recente passato è il mutato atteggiamento verso il concetto stesso di "sballo" e la sostanziale novità di contesti e pratiche del consumo (i rave, le discoteche ecc.). Sul piano dell'analisi sociologica, citando ancora il terzo rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia, appare che: "Il carattere di devianza legato alla contiguità con il mondo della droga è messo in discussione sia da un punto di vista quantitativo (percentuali troppo elevate di giovani ne sono a varia intensità coinvolti) che da quello qualitativo (il profilo sociale del giovane coinvolto appare largamente indistinto" (Buzzi C. in Cavalli e de Lillo 1993: 204). Un diverso profilo sociale dei consumatori a cui corrispondono nuovi stili di uso e abuso in un mercato illecito la cui offerta è sempre più ampia e variegata. Questi gli elementi caratterizzanti del fenomeno droga attuale che, come accennato, si combinano ad un mutato scenario economico e comunicazionale, sempre più globalizzato, in cui l'industria dell'intrattenimento (che va dalla moda alla produzione discografica, televisiva e cinematografica a quella libraria ed informatica, fino alle discoteche) ha ormai consolidato il proprio assetto e sempre più direttamente interviene nella definizione dei modelli culturali e comportamentali di riferimento della società. Per chi opera in questo settore del sociale sarà dunque importante comprendere e decodificare rapidamente tanto gli aspetti innovativi quanto le prospettive evolutive del fenomeno, tenendone ben presente la dimensione culturale e sociologica, così da poter individuare strategie di prevenzione e di intervento adeguate ed efficaci.